Ninpo e Ninjutsu a confronto


Tratto da www.freeforumzone.com
 
Le radici teorico-pratiche di Ninpo e Ninjutsu affondano nelle vicende della poco conosciuta disciplina chiamata Onmyodo.

Conosciuto anche come Taoismo Giapponese, l’Onmyodo fu introdotto in Giappone agli albori della storia nipponica nel periodo tra il VI° e l’VIII° sec. d.C. (periodo Nara) come la prima religione importata dall’estero. Peculiarità dell’Onmyodo sono le antiche conoscenze astrologiche, nonché la teoria dei Cinque Elementi.

Lo scopo dell’Onmyodo era comprendere le leggi dell’universo attraverso l’applicazione dell’Onmyogogyo (la teoria dei cinque elementi) e dare ordine al mondo, percepito nella maggior parte dei casi come caotico.

Durante la sua evoluzione storica, si creò un sincretismo con altre teorie filosofiche e mistiche, e l’Onmyodo venne diffuso come Jugondo, Shukuyodo, Tonko, misticismo Shingon (Mikkyo), misticismo Shinto e sotto varie forme ancora.

L’Onmyodo venne assorbito nelle pratiche dei monaci buddisti giapponesi, come nel caso degli appartenenti alla scuola buddista Shingon. Ed è proprio nei monasteri e nei templi buddisti del Giappone che il Ninpo inizia a prendere forma.

Numerosi monaci di questi monasteri praticavano varie forme di Kenpo (Chuan Fa in cinese, ovvero “legge del pugno” o “metodo del pugno”), importate anch’esse dalla Cina. Tra l’altro alcuni dei monaci erano anche esperti nelle tecniche con armi come la Naginata (alabarda), lo Yari (lancia), e l’Ono (ascia da battaglia).

Col passare degli anni i principi dell’Onmyodo iniziarono ad essere applicati al Kenpo in un processo di codificazione favorito dal relativo isolamento dei monasteri e degli eremi, che consentiva ai monaci la massima dedizione e concentrazione sulla pratica, e dalla necessità di difendersi dalla persecuzione del potere imperiale che appoggiava la nuova classe in ascesa dell’aristocrazia guerriera (buke) capeggiata dallo Shogun.

Questi presupposti portarono i monaci a mettere a punto l’arte marziale detta Himitsu Kenpo, “la legge segreta del pugno”, basata sulle conoscenze esoteriche e le discipline religiose praticate negli eremi e nei monasteri, il cui campo d’azione non coinvolgeva solo le forme di combattimento, ma anche metodi d’allenamento spirituale che enfatizzavano l’uso dello spirito per condizionare il corpo.

Uno di questi metodi, che secondo la leggenda risalirebbe al Tempio di Shaolin in Cina e alle tecniche Tantra Yoga del Tibet, in Giappone era chiamato Ninpo (“la Legge della Perseveranza”, Jen Fa in cinese).



Ideogrammi di Ninja
Il termine Ninja è un termine giapponese che indica colui che pratica il ninjitsu. Il primo termine,  nin compare negli ideogrammi di "pazienza"  e  "perseveranza"  tutte qualità e valori del ninja nonchè requisiti essenziali per la pratica del ninjitsu.

 Quindi i principi di questa arte si possono rintracciare, quindi,  le azioni dei cosìdetti " musha Shugen"ovvero dei monaci erranti provenienti probabilmente dall tempio di Shaolin che avevano unito il Buddhismo Zen e Shingon con le pratiche Taoiste. Arrivati in Giappone essi divennero gli yama-bushi ovvero gli asceti della montagna, che miravano all'Illuminazione attraverso la completa armonia non duale con le forze interne ed esterne della natura.
Yamabushi giapponese
Essi svilupparano al massimo grado le techiniche di sopravvineza combinadole con esercizi fisici , esercizi mentali e spirituali. Come è successo in altre culture e in tempi differenti la via mistica degli yamabushi entrò in collisione con la visione religiosa e istituzionalizzata del tempo e i tentativi di annientarli crescevano sempre più:  gli yama-bushi dovettero quindi sviluppare tecniche di lotta e di guerriglia per sopravvivere.

L’inasprirsi del conflitto fece sì che i Sohei (monaci guerrieri) e gli Yamabushi (eremiti delle montagne), cioè i principali praticanti di Ninpo dell’epoca, sperimentassero un’altra applicazione dell’Himitsu Kenpo e del Ninpo. L’Himitsu Kenpo trovò largo uso nei combattimenti, dove monaci e laici a cui era stato insegnato, poterono far sfoggio delle conoscenze del Dim Mak (il Tocco della Morte), importato dalla Cina nell’ambito del Chuan Fa, e successivamente evolutosi in Kosshijutsu (“l’arte di applicare pressione a organi e muscoli”) e in Koppojutsu (“l’arte di percuotere e frantumare le ossa”).

Inoltre, opportunamente adattato, l’impiego meramente pratico degli esercizi di Ninpo si rilevò utile e vantaggioso anche nelle operazioni di spionaggio del nemico, creando le premesse per lo sviluppo delle tecniche di infiltrazione, raccolta d’informazioni e fuga che caratterizzeranno successivamente l’arte denominata Ninjutsu.

Il Ninjutsu incominciò ad assumere una forma delineata e indipendente dal Ninpo nel momento in cui gli Yamabushi decisero di iniziare all’arte alcuni guerrieri laici. Generalmente si trattava di Jisamurai (guerrieri proprietari di terre) convertiti e fedeli al Buddismo e simpatizzanti dello Shugendo.

In quanto guerrieri essi portavano con sé un considerevole bagaglio militare e marziale che arricchito delle tattiche di spionaggio derivate dal Ninpo e delle altre pratiche monastiche si sviluppò ulteriormente diventando definitivamente Ninjutsu.



La corretta prospettiva

Alla luce di quanto esposto sopra, emerge un interrogativo: ma se i Sohei, gli Yamabushi e i Samurai praticavano il Ninjutsu, chi erano effettivamente i Ninja? Ebbene la parola “Ninja”, in realtà, non indica “colui che pratica il Ninjutsu”, come al contrario, Karateka è il praticante del Karate, Judoka è il praticante dello Judo, eccetera.

Ma allora, chi era il Ninja? Secondo lo studioso Donn F. Dreager, il Ninja era quel Samurai, generalmente un Ronin, esperto nell’arte del Ninjutsu, che essendo decaduto, accettava di mettersi al servizio del miglior offerente non possedendo più alcun ideale o codice d’onore a cui essere fedele, ma soprattutto non sapendo più come “sostentarsi”.

Inoltre, gli Hinin, cioè i sub-umani della divisione in caste nipponica (prevalentemente di origine contadina), venivano reclutati dai Ronin e allenati da questi ultimi alle varie tecniche di spionaggio, e quindi al Ninjutsu.

è storia riguardo al Ninjutsu e al Ninpo, che va comunque distinta da quella dei Ninja, in quanto sarebbe più opportuno considerarla la storia di una “categoria professionale”, piuttosto che quella di un’arte marziale.
Un altro assunto erroneo è, per esempio, la convinzione che il Ninjutsu comprenda un insieme di arti marziali. In realtà il Ninjutsu è un’arte estremamente specializzata nei metodi d’infiltrazione ed evasione. Si tratta dell’arte dello spionaggio e del controspionaggio, applicabile alle situazioni di guerriglia in cui un piccolo manipolo di uomini ha il compito di infiltrarsi in una fortificazione o in una provincia nemica. L’arte del combattimento con o senza armi costituisce un supplemento al Ninjutsu, ma non è parte di esso.

Al contrario il Ninpo possiede maggiori affinità con le arti marziali, tanto è vero che ci si riferisce al metodo di combattimento senz’armi basato sui suoi principi, come Ninpo Taijutsu o qualora si tratti di un intero sistema marziale di tipo accademico, comprendente anche l’insegnamento di metodi con armi, come Ninpo Bugei.

In fine, gli esponenti del Ninjutsu “tradizionale odierno”, narrando la storia della disciplina, hanno soventemente contrapposto la figura del Ninja a quella del Samurai, dipingendo quest’ultimo come talmente fedele al rigido codice d’onore del Bushido, da risultare impossibile che utilizzasse tecniche basate sull’inganno, che, come si sa, sono l’essenza dello spionaggio stesso. In realtà, i fondatori delle scuole che comprendevano tra le discipline insegnate il Ninjutsu, erano di origine Samurai e non poteva essere altrimenti.

Tra l’altro il Bushido fu codificato intorno al XVII° sec., mentre il Ninpo e il Ninjutsu erano fioriti tra il XII° ed il XV° sec.; se inoltre consideriamo che il libro di strategia militare “L’Arte della Guerra” di Sun Tsu, in cui si esalta l’importanza dell’uso delle spionaggio e dell’alterazione della verità per conseguire la vittoria in un conflitto, era tra i principali testi studiati dai Samurai, l’assunto che tali compiti “disonorevoli” erano affidati solo ai Ninja è destinato ineluttabilmente a cadere. Spesso poteva verificarsi che Ninja e Samurai facessero parte dello stesso esercito con le medesime mansioni. Un codice d’onore sicuramente esisteva, ma inteso più come un insieme di norme consuetudinarie alquanto flessibili, al contrario di quelle rigide che più tardi furono codificate sotto la denominazione di Bushido.





Ninpo e Ninjutsu a confronto

La maggior parte della gente definisce la medesima arte sia come Ninjutsu, sia come Ninpo, non riconoscendo alle due parole che una sottile e insignificante differenza. I due termini sono invece molto diversi. Per questo motivo occorre fare una distinzione.

I nomi di molte arti marziali includono il termine o ideogramma do, che significa “via” (Karatedo, Judo, Kendo eccetera), mentre quando ci si riferisce al Ninpo, do non compare. Al suo posto viene usato il termine ho, che può essere letto anche po; ho si trova frequentemente anche in termini religiosi, come buppo, che tradotto vuol dire “la Legge di Buddha” o letteralmente, “eterna verità”. La parola Ninpo usa il termine ho perché quest’arte ha profondi significati religiosi, e combina nella stessa parola due parti: arti marziali (bumon) e religione (shumon).

Il termine jutsu (abilità) di Ninjutsu si riferisce ad un mero metodo, ad un insieme di tecniche, alla maniera pratica di raggiungere determinati scopi anch’essi pratici, non implicando necessariamente riferimenti di tipo spirituale o etico.

Non è sufficiente definire il Ninpo come la “filosofia” del Ninjutsu, poiché sarebbe alquanto semplicistico ed inesatto. Il Ninjutsu deriva dalle tecniche fisiche praticate nel Ninpo, non dai i suoi concetti morali, filosofici ed esoterici. Mentre nel Ninpo, per esempio, allenandosi alle tecniche di salto (Karumijutsu) il praticante mira a superare i propri limiti fisici per conseguire il dominio della mente sul corpo, fino ad alleggerirlo e addirittura “levitare”, nelle tecniche di salto derivate ed utilizzate nel Ninjutsu (Hichojutsu o Tobi Waza), il praticante intende “solo” migliorare la sua abilità fisica nel salto per scopi meramente pratici, legati per lo più alle necessità che si possono presentare nella sua attività di spia, assassino o ladro.

In altre parole, nel Ninpo le tecniche fisiche costituiscono un mezzo per ottenere capacità mentali e liberare lo spirito dai limiti del mondo fenomenico, analogamente a quanto succede nel fachirismo Indù o nello Yoga tantrico tibetano. Per quanto riguarda il Ninjutsu nell’esercizio fisico il mezzo e lo scopo coincidono; cioè si salta più in alto per imparare a saltare più in alto, si nuota in apnea più a lungo per imparare a stare più a lungo sott’acqua.

Dunque il Ninpo non è la filosofia del Ninjutsu, ma la filosofia di pratica alla base di un metodo di autodisciplina psico-fisico tendente all’illuminazione, che si serve di determinati esercizi per conseguirla. Da tali esercizi, poi, si è originato il Ninjutsu quale mezzo per l’ottenimento di abilità meramente pratiche applicabili allo spionaggio, alla guerriglia o all’omicidio su commissione.

Dai principi di una delle scuole odierne più importanti del Ninjutsu possiamo leggere:

" il principio segreto del Taijutsu è conoscere i fondamenti della pace, lo studio è il sentiero del cuore innamovibile( fudoshin)".

 E' importante per un ninja conoscere che 

"  La pazienza viene per prima
e che il sentiero dell'uomo viene dalla giustizia
Rinunciare all'avarizia, all'indolenza e all'ostinatezza
Riconoscere che la tristezza ed i problemi sono naturali, bisogna quindi cercare un cuore equanime
Non deviare dal sentiero della lealtà e dell'amore fraterno.
Sviluppare sempre più il cuore del Guerriero"





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