Il
nome giapponese Shingon (真言in cinese "vera parola", traduzione del sanscrito
mantra)
si riferisce alle branche giapponesi del buddhismo
tantrico.
Sebbene nei testi di origine indiana il termine conosca anche un utilizzo più
generale, oggi in Giappone indica esclusivamente i lignaggi che risalgono a Kūkai,
denominati Shingon-shū. Il termine alternativo Kongōjō (金剛乗? "veicolo di diamante",
calco del sanscrito vajrayāna) conosce un uso molto limitato, attestato
quasi esclusivamente nei testi antichi, ma è stato recentemente enfatizzato
soprattutto da chi ha voluto mettere in luce le analogie con le scuole
tantriche del Buddhismo Tibetano. Nonostante queste analogie
esistano e siano dovute a comuni origini nell'India medievale,
non è possibile utilizzare le stesse categorie per definire le tradizioni tibetane e le tradizioni
del Giappone,
giunte colà in tempi e modi differenti e organizzatesi nell'ambito del Buddhismo Giapponese. Alcune correnti
Shingon hanno sviluppato inoltre un carattere sincretico originale, come nel
caso dello Shugendō oltre ad avere
influenzato profondamente scuole di diversa origine, come quella Tendai. La
scuola Shingon è a tutt'oggi una delle maggiori scuole del Buddhismo giapponese e una delle più
longeve.
La scuola fu fondata dal monaco giapponese Kūkai che nell'anno 804, durante il periodo Heian, si recò in Cina dove apprese le
pratiche tantriche della scuola Vajrayāna; al suo ritorno portò con sé numerosi
testi, deciso a importare la scuola nel suo Paese. Nel tempo elaborò la propria
sintesi delle pratiche e delle dottrine esoteriche, basate sul culto del Buddha cosmico Vairocana, che nella
scuola è venerato come Mahāvairocana Tathāgata (大日如来 Dainichi Nyorai).
La scuola ebbe un immediato successo che sarebbe rimasto incontrastato per
tutto il periodo Heian, influenzando profondamente tutta la cultura giapponese
dell'epoca.
Una leggera decadenza si verificherà nel periodo
Kamakura, con la concorrenza delle scuole Nichiren e Zen,
oltre che dell'Amidismo;
tuttavia la sua influenza culturale restò forte per tutta la storia giapponese,
e ancora oggi conta un considerevole numero di fedeli.
Quando san Francesco Saverio cominciò la sua
opera missionaria in Giappone, scelse inizialmente il nome Dainichi per
tradurre quello del Dio cristiano, e fu accolto a braccia aperte
dalla comunità Shingon; solo in un secondo tempo, dopo aver meglio compreso le
sfumature religiose della parola, decise di "giapponesizzare" il latino
deus in "Deusu" (デウス?).
La dottrina della scuola Shingon si basa su due testi fondamentali: il Vajrasekhara Sūtra (金剛頂経 Kongōchō-gyō?, "sutra della cima del vajra") e il Mahāvairocanābhisaṃbodhi (大日経 Dainichi-kyō?, "sutra
della Bodhi
di Mahvairocana").
L'origine di questi testi indiani non è stata ancora chiarita del tutto.
Secondo alcuni autori (Hodge, Wayman) il Mahāvairocanābhisaṃbodhi sarebbe stato composto nella prima parte del VII secolo
nel Maharastra o in Orissa mentre
il Vajrasekhara Sūtra
potrebbe essersi formato nel sud del subcontinente in epoca leggermente
posteriore. Il primo rappresenta il primo testo tantrico indiano sistematico e
introduce concetti fondamentali per tutti gli sviluppi posteriori (recitazione,
oblazione, mandala, yoga) tuttavia fa parte di una tradizione che suddivide le
emanazioni del Buddha
in tre famiglie (trikula, jp. sanbu 三部) e che non sembra essersi sviluppata oltre il IX secolo.
Il secondo testo fa invece parte del grande compendio detto Sarvatathagatatattvasamgraha,
una delle opere più importanti nella storia del tantrismo indiano che
continuerà a svilupparsi fino alla fine del primo millennio. I testi di questa
tradizione dividono le emanazioni del Buddha in
cinque famiglie (pancakula, jp. 五部) e sono innumerevoli. Nella scolastica tibetana dgelugspa questo testo
appartiene al gruppo dei cosiddetti yogatantra, tuttavia nello
Shingon sinogiapponese non esiste una gerarchia del genere e il Vajrasekhara
Sūtra è considerato strettamente complementare al Mahāvairocanābhisaṃbodhi.
Oltre ai due testi fondamentali nelle scuole Shingon si attribuisce massima
importanza al Adhyardhasatika Prajnaparamitasutra (理趣経 Rishukyō ), al Kongōbu
Rōkaku Issai Yugayugi kyō (金剛峯楼閣一切瑜伽瑜祇経) e a molti altri compendi indiani quali il Susiddhikara Sadhanopayikapatala
(蘇悉地羯羅経 Soshitsujikara
kyō?). Molto importanti sono anche le
opere esegetiche e i trattati dello stesso Kūkai.
Il Buddhismo Vajrayāna poggia le sue fondamenta sui rituali e le pratiche
meditative rivolte al raggiungimento dell'Illuminazione; secondo lo
Shingon, l'Illuminazione non è una realtà distante, tale da richiedere
innumerevoli reincarnazioni, ma un obiettivo raggiungibile nella vita attuale,
coltivando il potenziale spirituale (Natura-Buddha),
innato in ogni essere vivente. Con l'aiuto di un buon maestro e allenandosi a
controllare il corpo, le parole, e la mente, è possibile liberare questo
potenziale per il beneficio proprio e altrui. Il "motto" della scuola
è perciò «diventare Buddha in questa vita, con questo corpo» (|即身成仏義 sokushin
jōbutsu gi)
Kūkai sistematizzò e categorizzò gli insegnamenti tantrici, e scrisse molto
sulle differenze tra Buddhismo esoterico (mantrayāna) ed essoterico
(paramitayāna). La sua opera fondamentale su questo tema è il Benkenmitsunikyō-ron
(辯顕密二教論) Per sommi
capi le differenze che sottolineò sono le seguenti (basate sulla dottrina
Trikāya):
- A differenza degli insegnamenti essoterici predicati dal Buddha Nirmāṇakāya (応身 Ōshin?), cioè Śākyamuni, o da uno dei Saṃbhogakāya (報身 Hōshin?), gli insegnamenti esoterici sono di pertinenza del Buddha Dharmakāya (法身 Hosshin?) che Kūkai identifica con Mahāvairocana.
- Secondo il Buddhismo essoterico lo stato ultimo di "buddhità" (仏果 bukka?) è ineffabile, e nulla se ne può dire; secondo il Buddhismo esoterico non lo è affatto, e la sua natura è immediatamente comunicata dai rituali esoterici, con l'uso di mantra, mudra, e maṇḍala.
- Le dottrine essoteriche sono, secondo Kūkai, mezzi pratici con cui i Buddha cercarono di guidare gli esseri viventi in base alla loro capacità di comprendere la Verità; le dottrine esoteriche, invece, sono la Verità stessa, comunicazione diretta dell'esperienza interiore di illuminazione del Dharmakāya.
- Diverse scuole essoteriche sostengono che per diventare Buddha occorra una grande dedizione per un considerevole numero di vite; per contro, le dottrine esoteriche permettono a chiunque di raggiungere l'illuminazione durante la propria vita.
Kūkai sostenne, così come
già nella scuola Kegon, che tutti i
fenomeni del mondo fossero "simboli" o "lettere" e che
quindi il mondo stesso fosse un testo; mantra, mudra e maṇḍala
costituiscono il "linguaggio" attraverso il quale il Dharmakāya (cioè
la Realtà stessa) si esprime.Kūkai, inoltre, è
tradizionalmente considerato l'inventore del sillabario giapponese (kana).
Una
pratica che lo Shingon ha in comune con le scuole tibetane è quella delle
"sillabe-seme" o bīja (種子 shuji?) che compongono i mantra. Nella
scuola Shingon i mantra sono scritti in un antico sillabario indiano usato per
scrivere il sanscrito, il siddham — in giapponese
shittan (悉曇?) o bonji (梵字?) — e su questi caratteri, oltre che
sul loro suono e significato, il praticante deve meditare, poiché la forma
costituisce una forma di concentrazione visuale; di particolare importanza è la
meditazione sulla lettera A (阿字觀 ajikan?). Altre forme di visualizzazione
sono Gachirinkan (月輪觀? visualizzazione della luna piena), Gojigonjingan
(五字嚴身觀? visualizzazione dei cinque elementi
del corpo) e Gosojojingan (五相成身觀?).
Un'altra
pratica tantrica caratteristica del Vajrayāna e molto usata nello Shingon è la
rappresentazione antropomorfica o simbolica delle divinità buddhiste e dei loro
universi nei maṇḍala; si distinguono mahā-mandala
(大曼荼羅? rappresentazioni antropomorfe), dharma-mandala
(法曼荼羅? rappresentazioni di sillabe-seme), samaya-mandala
(三昧耶曼荼羅
rappresentazioni dei
voti delle divinità in forma di oggetti o mudra?) e karma-mandala (羯磨曼荼羅? rappresentazioni delle attività
delle divinità in forme tridimensionali, es. statue).
Oltre
a recitare mantra e visualizzare mandala, durante le meditazioni si addestra il
corpo a mantenere posizioni simboliche dette mudra.
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